Io, Ibra by Davide Lagercrantz Zlatan Ibrahimovic

Io, Ibra by Davide Lagercrantz Zlatan Ibrahimovic

autore:Davide Lagercrantz Zlatan Ibrahimovic [Zlatan Ibrahimovic, Davide Lagercrantz]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
editore: Rizzoli
pubblicato: 2011-02-08T23:00:00+00:00


13

Non avevo idea che polizia e magistratura stessero tenendo sotto controllo il telefono di Moggi, ed era una fortuna. Noi e il Milan lottavamo per lo scudetto, e intanto, per la prima volta nella mia vita, mi ero messo seriamente a convivere. Helena aveva preteso troppo da se stessa: di giorno lavorava per Fly Me a Göteborg e la sera nei ristoranti, e contemporaneamente studiava e faceva la pendolare con Malmö. Si era ammazzata di lavoro e non stava bene, e io le avevo detto: «Adesso basta. Adesso ti trasferisci quaggiù da me», e anche se era un gran cambiamento credo che lo considerò un sollievo. Come se finalmente potesse riprendere fiato.

All’epoca mi ero trasferito dalla casa di Inzaghi a un fantastico appartamento dagli alti soffitti nello stesso palazzo di piazza Castello. Sembrava un po’ una chiesa. Al pianterreno c’era il Caffè Mood dove lavoravano dei ragazzi che diventarono nostri amici: certe volte ci portavano la colazione e anche se non avevamo ancora i bambini avevamo Hoffa, il nostro carlino, e quel ciccione era forte. Eravamo capaci di prendere tre pizze per cena, una per me, una per Helena e una per Hoffa, e lui se la divorava tutta, dal centro verso l’esterno, ma avanzando i bordi; su quelli sbavava soltanto, trascinandoli in giro per l’appartamento. Lui era il nostro bimbo grassoccio.

Io e Helena stavamo bene insieme, ma è chiaro, venivamo da due mondi diversi. Una volta con la mia famiglia andammo a Dubai in business class, io ed Helena sapevamo perfettamente come ci si comporta in aereo e via dicendo. Ma i miei sono un po’ diversi: alle sei del mattino mio fratello minore voleva un whisky e nel sedile davanti al suo era seduta mia madre, e mamma è meravigliosa, naturalmente, ma non è tipo con cui si possa scherzare. Non le piace che beviamo alcolici, e lo si può anche capire, considerato quello che ha dovuto passare. Perciò si levò una scarpa, era il suo modo di affrontare il problema, e cominciò a darla in testa a Keki, bang, bang, finché Keki s’infuriò e passò al contrattacco. Scoppiò un parapiglia in business class alle sei del mattino e io lo lessi in faccia a Helena: avrebbe voluto sprofondare.

A Torino avevo l’abitudine di uscire di casa intorno alle dieci meno un quarto per andare all’allenamento, ma un giorno ero in ritardo e giravo come un pazzo per l’appartamento: forse c’era odore di bruciato, Helena ricorda così, io non so. Quello che so con certezza è che quando aprii il portone per mettermi in marcia, fuori c’era davvero qualcosa che bruciava. Qualcuno aveva radunato delle rose e aveva appiccato il fuoco, e sapete, avevamo tutti il gas nel palazzo, e nell’atrio, sotto la veranda, c’era una bombola del gas contro il muro. Sarebbe potuta finire veramente male. Andammo a prendere dell’acqua con dei secchi e spegnemmo le fiamme, e io potevo solo rammaricarmi di non essere uscito mezzo minuto prima, così avrei potuto beccare quell’idiota e massacrarlo. Accendere un



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